Tra economia, psicologia ed antropologia: Nishiki Koi vs All you can eat

Quanti di voi non hanno mai testato la formula dell’all you can eat?

E’ praticamente impossibile non averlo fatto, perché l’all you can eat (o buffet) lo utilizziamo “quotidianamente”, a volte anche senza rendercene conto. E’ la colazione degli hotel quando andiamo in vacanza; è il giro pizza; è l’aperitivo (o apericena). Ma il settore culinario in cui vediamo più sepsso comparire la scritta “all you can eat” è sicuramente quello orientale, in particolare giapponese. Vi consiglio di leggere la Fenomenologia dell’all you can eat pubblicata su Indiependent Reviews, che centra il punto alla perfezione.

Come funziona? Entri, mangi quanto sushi vuoi tra quello proposto, paghi il prezzo fisso (di solito comprese le bevande la cifra si aggira sui 13 euro a pranzo e 23 a cena) e rotoli fuori dal locale.

Sembra una formula perfetta. Sai in partenza quanto pagherai (poco), puoi abbuffarti di cibo giapponese (che io trovo buonissimo), ed esci sazio e felice. Sembra.

Ho cercato di leggere qualcosa sulla storia dell’all you can eat e di informarmi al meglio (se non altro, perché la mia curiosità da LargoBaleno alle volte è irrefrenabile, soprattutto quando si tratta di cibo).

Su un articolo di Smart Week ho scoperto che i primi buffet – all you can eat sono stati sperimentati in America: Herbert Herb Cobb McDonald li ha fortemente voluti e sponsorizzati in tutti i casinò di Las Vegas, a partire dalla mezzanotte. E da allora sono diventati un modello economico (per quanto ne so, anticoncorrenziale e potenzialmente scorretto).

Ed ho letto anche qualcosa dal punto di vista psicologico, relativo a degli studi effettuati su un campione di persone (ovviamente americane) per cui pare che con la formula dell’all you can eat l’individuo si ritrovi a mangiare meno rispetto al prezzo pagato, sazio già solo per aver sfruttato l’offerta e la possibilità di mangiare qualsiasi cosa.

Personalmente non sono un economista né uno psicologo, ma un appassionato di cucina e soprattutto un mangione. E dopo un primo momento di inebriamento da all you can eat, mi sono ritrovato a pensare:

Perché? Perché scegliere un posto dove si perde la libertà di scegliere?

E no, non mi riferisco al menù ridotto rispetto alla formula “alla carta”, ma alla libertà di scegliere quanto mangiare, di fermarsi una volta sazi, di non provare quel senso di colpa quando non si mangia abbastanza, come se fosse uno spreco di soldi.

Nella mia duratura e travagliata relazione con il cibo ho capito una cosa: bisogna dargli il giusto valore. Che non è quello di riempire la pancia, ma è quello di far stare bene. I crampi allo stomaco per aver ingerito una quantità spropositata di cibo non sono un sinonimo di felicità. E non è neanche un vero e proprio risparmio dal punto di vista economico, soprattutto considerato il rapporto tra la qualità del cibo ed il prezzo (il valore dell’all you can eat non è la qualità, ma la quantità).

Ecco qual è stato il mio esperimento: sono andato in un ristorante giapponese, nuovo a Pisa, che sperimenta non la formula dell’all you can eat, ma del menù fisso. 10 euro per mangiare un antipasto, un primo ed un secondo. Economico? Sicuramente. Ti sfondi di cibo? No. Ma allo stesso tempo è decisamente più ricercato e curato dell’all you can eat. Non sono scodelle riempite di roba a caso che ti passano accanto su un rullo, né un caos di roba buttata sul tavolo senza criterio (e spesso, per altro, sbagliando le ordinazioni).

E’ un ristorante. C’è una cameriera, per altro molto simpatica e disponibile, che ti spiega il menù e ti fa assaggiare quello su cui hai dei dubbi (come per me è stata la marmellata i fagioli rossi). Il rapporto qualità prezzo è sicuramente più adeguato, e si rispettano quelli che sono i crismi del cibo.

Ecco perché trovo molto più positiva l’esperienza da Nishiki Koi rispetto ad uno qualsiasi degli altri ristoranti all you can eat.

Ed ora veniamo al dunque. Cosa ho mangiato?

  1. Nigiri Salmone
  2. Chirashi Salmone
  3. Sashimi Salmone

 

 

 

 

Ho aggiunto, per gola, uno dei piatti più buoni che io abbia mai mangiato nella mia vita. Dovrebbero chiamarsi “Fried Roll” se la mente non mi inganna. Rotolini fritti di pasta sfoglia, con Philadelphia ed una salsa a base di ketchup, ed altri ingredienti che non vi so dire perché mangiandoli sono entrato in un universo parallelo ed ho perso la cognizione delle cose. Assolutamente da provare! Mentre il dolce, per vero, mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca.

Dividendo i Fried Roll ed il dolce con la mia fida accompagnatrice, nonché intenditrice di Sushi e maestra suprema di make-up, Rita, abbiamo speso quanto un pranzo ad un all you can eat, ma con una qualità decisamente maggiore!

 

 

Fenomenologia dell’all you can eat di Indiependent Reviews: https://www.indiependentreviews.com/single-post/2015/08/29/Fenomenologia-dellAll-You-Can-Eat

 

Articolo di Smart Week: http://www.smartweek.it/leconomia-dellall-you-can-eat-una-guida-per-massimizzare-la-nostra-soddisfazione/

 

Per seguire Rita: http://www.consiglidimakeup.com/

 

Nishiki Koi: https://www.nishikikoi.it/?v=cd32106bcb6d